I PESCI DEL PERÙ.

 

6 mondiali 94Dopo pochi giorni, avevamo già individuato tanti pesci e iniziavamo a prenderci confidenza su come insidiarli. C’erano tante zone povere di prede, ma in alcuni punti i pesci abbondavano. Tra i più frequenti c’erano branchi di BABUNCHI, simili a enormi Castagnole. Pesci scuri e robusti di media da 1 kg che vivevano sia isolati sia in branco, ma appurammo subito che non erano stabili, ovvero a volte c’erano a volte scomparivano. Non pensammo a capire il perché di questa presenza, ma soprattutto a cercare le zone migliori dove erano più numerosi. Poi c’era il PEJE PERRO (in Spagnolo pesce cane) perché ha una bocca e una dentatura simile a quella di un cane, ma non ha niente a che vedere con la famiglia degli squali. Erano pesci dai 2 ai 7-8 kg che venivano all’aspetto, spesso in piccoli branchi e quasi sempre in punti di risalite rocciose, proprio come i nostri dentici. Questo fu il pesce che ci rovinò in parte la tattica, perché in preparazione ci accorgemmo che bisognava pescarli all’aspetto sui 20 mt che a quei tempi e con quelle condizioni, era qualcosa che in pochi potevano fare. Ci convincemmo che per noi poteva rappresentare la svolta, dato che eravamo i più preparati per questa pesca. Si pensava che la cattura di una decina di questi pesci nell’arco di una giornata di gara, insieme a qualche altra preda mista, poteva dare un bel punteggio. A parte tutto questo, c’erano anche tratti molto vasti, ma caratteristici, dove c’era più movimento di prede miste, dalla PINTADILLA una specie di tordo Marvizzo, alla CABRILLA una specie di spigola colorata. In mezzo a queste specie c’era poi qualche pesce meno frequente, ma interessante come il CHERLO una specie di cernia a puntini, qualche altra rara specie e poi ogni tanto incontravi anche il PERRO e il BABUNCO.

 

Insomma zone meno concentrate, ma con più specie di prede. I campi di gara erano affiancati, uno a nord e uno proprio intorno al capo. Ciò che faceva la differenza era proprio la morfologia del fondale che tra i due campi di gara cambiava e modificava la presenza delle specie. Di sicuro non ti annoiavi quando andavi in acqua perché quasi ogni tuffo vedevi qualcosa anche se non sempre erano pesci validi perché il peso minimo era fissato in 500 grammi per alcune specie e 1 kg per altre. Tutto questo ti dava una chiara idea che il punteggio doveva essere per forza alto, come infatti poi si dimostrò.

Quando ci raggiunse il resto della squadra, organizzammo anche qualche battuta di pesca per vedere come si comportavano questi pesci e poi li pesavamo per capire meglio quali erano validi. Avere l’occhio abituato ad un determinato pesce è un grosso vantaggio per ogni gara, perché non perdi delle frazioni di tempo per decidere se premere o meno il grilletto e le catture fuori peso sono minori, con un vantaggio di meno tuffi sprecati. In linea di massima i tre titolari anche grazie al vantaggio di essere sul posto da qualche giorno, erano quelli che prendevano più pesce ad ogni battuta fuori campo di gara e l’errore che abbiamo commesso, fu quello di non fare delle prove studiate. Ovvero pescare nello stesso punto con 3 mini gruppi di 2 atleti che pescavano in modi diversi per vedere cosa rendeva di più. Oggi è facile pensarlo, ma a quei tempi ogni ragionamento era legato alle esperienze del Mediterraneo, per cui si pensava solo a capire il fondale e trovare le zone più ricche di pesci. Inoltre in queste prove se non studiate a tavolino e gestite da una squadra affiatata, subentra sempre lo spirito di competizione tra atleti che invece di studiare per ottenere un vantaggio comune, pensano solo a primeggiare. Un errore che abbiamo capito solo dopo, come sempre accade.

 

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