GLI EPISODI NEGATIVI.

 

7_mondiali_94.jpg

Un giorno si sparse la voce di una gigantesca ORCA che aveva azzannato una foca proprio a pochi metri da un atleta che preparava la gara. Non si è mai saputo se fosse stato vero oppure un tentativo di penalizzare gli altri atleti, fatto è che da quella notizia, nessuno era tranquillo come prima.

Pochi giorni prima della gara, avevo capito che più ti avvicinavi alla costa, nel marasma della risacca e più pesce vedevi, ma era un qualcosa che non potevi gestire senza la dovuta esperienza. Studiavi l’onda, che aveva dei cicli, studiavi la forza della risacca che era ingestibile e facevi tentativi di avvicinamento alla costa, ma era complicato. Una volta mi trovavo su una punta bassa che usciva in diagonale con un braccio che delimitava una specie di laguna. Sotto questa lingua di roccia giravano tanti pesci e avevo trovato un punto strategico con una grotta passante che divideva le 2 parti di mare. Dentro c’erano tanti BABUNCHI e altre prede. In un tuffo attesi l’onda ed entrai dentro per esplorare meglio. Affascinato dal pesce, mi dimenticai di seguire il flusso dell’onda. Ovvero l’onda ti spingeva in avanti e poi la risacca ti riportava indietro per uscire, l’importante era riemergere nella pausa. Sarebbe stato impossibile contrastare queste due sequenze. Mi attardai nella grotta quando un’onda mi spinse ancora più dentro. Mi aggrappai con tutte le mie forze per resistere, ma faticai molto e non appena sentita la risacca di ritorno, mi lasciai riportare indietro per risalire. Bisogna riemergere e posizionarsi subito con la testa verso l’onda in arrivo e le pinne verso la costa, in modo che ti puoi immergere di poco in orizzontale e lasciare che l’onda ti scivoli attorno senza travolgerti. La tempistica però fu sbagliata e appena in superficie giunse l’onda successiva quando ero ancora in verticale per respirare e la massa d’acqua mi travolse, poi mi prese e mi sparò come un proiettile in avanti. Fui anche centrifugato e persi maschera e pinne nella turbolenza. D’istinto mi portai le braccia al viso per proteggermi dall’urto. Per fortuna sganciai la cintura di zavorra per gestire meglio la situazione e quindi l’onda mi sparò sul pelo d’acqua come una tavola da surf - fino oltre il braccio roccioso sfiorandolo più volte ma senza mai avere uno scontro frontale, poi alla fine lo superai. Per un pelo non andai anche in sincope dato che tra la discesa, l’esplorazione e tutto il resto ero senza respirare da troppo tempo. Mi ritrovai dall’altra parte senza attrezzatura, con la muta tagliata in più punti e consapevole di quanto ero andato vicino ad una tragica fine. Quell’episodio mi rimase impresso per mesi tanto che la notte spesso avevo l’incubo dell’onda che mi frantumava sulle rocce. Per la gara incise molto sulle scelte perché scartai quel punto, dove invece ci venne presa la maggior parte dei pesci dagli specialisti come lo Spagnolo VIGNA, il Cileno CARO e il Polinesiano PUNAAITUA che in mezzo a tali situazioni ci erano abituati. Non a caso furono i primi 3 classificati.

Bene o male tutti noi Italiani, avevamo fatti i conti con l’onda oceanica e ci aveva condizionato le scelte convincendoci che era meglio non rischiare la vita, ma puntare sull’aspetto ai PERRO per fare carniere pesante, anche in virtù delle nostre specialità tecniche, ma con il senno del poi si rivelò un errore.

 

Se non lo conoci ti consiglio questo libro

 

Miniatura video libro

 

CONTINUA con la parte 8 “IL CAMPIONATO PIU’ BELLO”

 

TORNA ALL’INIZIO

Social Link

Facebook TwitterLinkedin