LA PREPARAZIONE.

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Iniziò anche la nostra preparazione in quel mare intriso di mistero. Noleggiammo una barca con pilota locale. In realtà era un piccolo gozzo con un motore da pochi cavalli che faceva tanto rumore per quanto lento poi si dimostrava. Il pilota e proprietario della barca era un abitante della zona fin dalla nascita, aveva 45 anni ma ne 

dimostrava 70. Durante i lunghi trasferimenti in mare, Ci raccontava della sua vita. Era un pescatore di professione perché a suo dire era l’unico modo di sopravvivere a CAPO ILO. Pescava con un metodo per noi antico, ma per loro moderno, di cui andava fiero, per cui facevamo finta di essere curiosi. Usava un narghilè per raccogliere sul fondo granchi, conchiglie e frutti di mare. Raccoglieva per ore su un fondale medio e riempiva delle sacche a rete che vendeva direttamente al mercato. C’erano centinaia di individui che facevano questo mestiere e ci diceva che era una fonte di sostentamento proficua per l’intera cittadina. Le tonnellate di raccolto venivano vendute con un’asta a grossisti che distribuivano in tutto il Perù. Inoltre c’era anche una fabbrica di farina di pesce, dove confluiva tutto il pesce ed i frutti di mare invenduti, che venivano trasformati in farina. Il nostro barcaiolo ci raccontava delle pescate che ogni tanto andava a fare nella corrente del NIŇÒ. Una corrente di acque più calde a metà tra la costa di CAPO ILO e l’Isola di Pasqua. Una corrente dove si fanno pescate incredibili, navigando per giorni in mezzo all’oceano prima di rientrare, dormendo nel vano motore della barca che era poco più grande della cuccia di un cane e puzzava di ogni genere di odori nauseanti. Eppure sorrideva nel raccontarlo e ne era orgoglioso! Ciò che ci colpì più di ogni altra in quei primi giorni era il comportamento della gente che non ha niente, ma è sempre sorridente e soprattutto aveva un concetto del tempo, opposto al nostro. Tutto andava lento e se facevi qualcosa di fretta ti guardavano come se tu fossi un pazzo. All’inizio ci sembravano strani e li prendevamo in giro, ma quando siamo ripartiti, li invidiavamo. Il primo giorno ci trovammo assorti nei racconti del nostro uomo, tanto che raggiungemmo la punta del capo in circa due ore senza mai guardare l’orologio. La giornata era bella come del resto da quasi 40 anni. La temperatura era piacevolmente vicina ai 30 gradi, ma l’acqua fredda. L’oceano aveva la sua abituale onda lunga piuttosto alta che frangeva con violenza sulla costa rocciosa scura, quasi nera. In quella porzione di oceano non c’è la barriera corallina, la costa assomiglia vagamente a quella mediterranea. Con grande stupore ci trovammo a fiancheggiare il Capo roccioso che formava l’unica punta. Ci fermammo proprio vicini alla punta del Capo e guardando l’acqua ci rendemmo conto che era più torbida di quanto non sembrasse in movimento. Mentre scrutavamo sotto la barca, alcune ombre minacciose passarono proprio sotto di noi in una breve e fulminea apparizione. Ci fu un momento di silenzio in quella piccola barca e dopo poco ci guardammo con facce stupite. Ma cosa era?

 

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CONTINUA con la parte 5 “L’INGRESSO IN ACQUA, TRA MISTERO E PAURA”

 

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